Cannabis e danni alla salute

In collaborazione con
Laboratorio Tossicologia Forense Xenobiocinetica Clinica
Progetto NPS 2018 - Multicentrica di Ricerca
DPA - Presidenza del Consiglio dei Ministri

La cannabis e i danni al feto

feto esposto a fumo di cannabis

Il THC, principio psicoattivo della cannabis, è una molecola lipofila e per questo può facilmente attraversare la barriera placentare. Nello specifico, un terzo del THC presente nel plasma (Hutchings DE, 1989) può attraversare la placenta interferendo con il normale sviluppo del feto. Inoltre, è verosimile che la sovrastimolazione di que­sto sistema durante la fase critica dello sviluppo neuronale del feto danneggi le funzioni del sistema nervoso. Ciò è vero soprattutto in considerazione delle evidenze che indicano che l’attivazione dei recettori CB1 da parte del THC può indurre morte delle cellule neuronali (apoptosi) (Chan GC, 1998; Dow­ner EJ, 2003; Downer EJ 2007) e del fatto che il THC può influenzare la sintesi e il rilascio di cannabinoidi endogeni (Hunter SA, 1997).

Uso di cannabis in gravidanza: gravi compromissioni allo sviluppo fetale

L’assunzione di cannabis in gravidanza aumenta il rischio di avere un bambino sotto peso o di un parto prematuro. Alcuni studi hanno osservato come l’esposizione intrauterina alla cannabis provochi seri problemi nello sviluppo neurologico e comportamentale del neonato con effetti che includono forti tremori, ritardi mentali e problemi intellettivi. In uno studio condotto da El Marroun (2010) su un campione di 7.452 donne, è stata esaminata la relazione esistente tra il consumo di cannabis da parte della madre e lo sviluppo del feto. I risultati hanno mostrato che tra tutte le donne in gravidanza prese in esame, 245 donne (3,3%) avevano fatto uso di cannabis solo prima della gravidanza e 214 donne (2,9%) avevano fumato marijuana sia prima che durante il periodo della gestazione. Tra queste ultime, 173 (81%) avevano interrotto l’uso all’inizio della gravidanza, mentre 41 (19%) avevano continuato durante tutti i nove mesi. Dopo un’analisi dei dati epidemiologici e clinici, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la cannabis, anche se assunta per un breve periodo durante la gravidanza, può influire negativamente sulla crescita e sullo sviluppo del feto.

Ridotta crescita del feto

L’esposizione prenatale alla cannabis è stata associata ad un minor peso e ridotta circonferenza cranica del bambino alla nascita (El Marroun H, 2010).

Morte cellulare

Si può ipotizzare che quando il cervello immaturo viene esposto ai fitocannabinoidi (cannabinoidi esogeni) attraverso l’assunzione di marijuana da parte della madre, un’attivazione aberrante delle vie di segnalazione della morte cellulare potrebbe avere effetti marcati sullo sviluppo e la differenziazione del Sistema Nervoso Centrale del feto (Downer & Campbell, 2010). L’esposizione alla cannabis infatti, induce una modulazione sovrafisiologica del sistema endocannabinoide e danneggia la precisione temporale dei meccanismi di comunicazione del sistema stesso. Ciò aumenta la probabilità di alterare la genesi delle sinapsi e lo sviluppo di alcuni circuiti neuronali (Jutras Aswad et al., 2009).

Alterazione dello sviluppo della corteccia prefrontale e del circuito fronto-striato-pallido, dovuta all’esposizione del feto alla cannabis.

Diagramma concettuale che mostra gli effetti ipotizzati dell’esposizione prenatale alla cannabis sull’organizzazione funzionale delle vie frontostriate e le conseguenze comportamentali associate. Si ipotizza che l’esposizione del feto alla cannabis alteri lo sviluppo della corteccia prefrontale e del circuito fronto-striato-pallido, che sottostanno al controllo inibitorio. Fonte: Jutras-Aswad et al. 2009

Perdita di materia grigia

Uno studio di risonanza magnetica per immagini (MRI) ha evidenziato un ridotto volume della sostanza grigia corticale e parenchimale in bambini di età compresa tra i 10 e i 14 anni che erano stati esposti a cannabis durante la gestazione (Rivkin MJ, 2008). L’esposizione fetale alla cannabis è associata anche ad un minor peso e ad una ridotta circonferenza cranica del bambino alla nascita (El Marroun et al, 2010). Secondo uno studio condotto da Gray KA e colleghi nel 2005, i bambini esposti alla cannabis mostrano anche una maggior possibilità di sviluppare depressione infantile verso i 10 anni di età.

Genetica, deficit sociali e danni cognitivi

L’impatto patogenetico dei fitocannabinoidi sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) è stato sottolineato da una serie di importanti studi epidemiologici e clinici che documentano il comportamento impulsivo, i deficit sociali, i danni cognitivi, il consumo di sostanze d’abuso e i disordini psichiatrici, quali la schizofrenia, la depressione e l’ansia, in individui adulti che erano stati esposti alla cannabis durante la vita intrauterina e all’inizio dell’adolescenza (Arsenault et al., 2002; Fried & Watkinson, 2001; Huizink et al., 2006; Kandel 2003; Patton et al., 2002; Prath & Fried, 2005; Richardson et al., 1995).

Alterazione neuro-comportamentali del figlio

Uno studio realizzato su un modello animale (roditori) ha messo in evidenza come l’esposizione prenatale alla cannabis possa danneggiare il feto. Dai risultati è infatti emerso che i composti cannabinoidi sono neuroteratogeni e sono in grado, quindi, di indurre alterazioni neuro-comportamentali durature nella prole esposta alla cannabis. Nello studio inoltre si sostiene che diversi risultati pre-clinici esaminati sono in linea con studi clinici di riferimento relativi all’iperattività, ai disturbi cognitivi e all’emotività alterata in umani esposti alla cannabis nella fase prenatale (Campolongo et al, 2010).

BIBLIOGRAFIA

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